Versi piani, sdruccioli, tronchi
Il verso si dice:
·
piano, se termina con una parola piana (accento tonico
sulla penultima sillaba);
·
sdrucciolo, se termina con una parola sdrucciola (accento tonico
sulla terzultima sillaba);
·
tronco, se termina con una parola tronca (accento tonico
sull’ultima sillaba)
Il computo delle sillabe nei versi
I versi piani sono i più
frequenti nella nostra poesia. Perciò tutti i versi vengono trattati
come se fossero piani.
In
pratica, ciò che conta è la posizione dell’ultimo accento. Dopo l’ultimo accento si conta sempre una sillaba metrica in più,
anche se le sillabe grammaticali sono due o non ci sono del tutto.
Sillaba grammaticale e sillaba metrica
possono non coincidere, perché quasi
sempre all’individuazione della sillaba metrica concorrono fenomeni (figure di suono) che
riguardano l’incontro di vocali all’interno della parola o del verso.
·
Sinalefe: consiste
nella fusione di due vocali contigue, appartenenti a parole diverse che vanno a
formare un’unica sillaba metrica.
Esempi:
"Solo e pensoso i più deserti campi…"
(Petrarca, Canzoniere, XXXV, v.1) - si contano tredici sillabe; in realtà si tratta di un endecasillabo, perché contiene due sinalefi, "Solo-e" e "pensoso-i" - So-lo e- pen-so-so i- più- de-ser-ti- cam-pi.
"…di gente in gente, me vedrai seduto…"
(U. Foscolo, In morte del fratello Giovanni, v.2) - la e di gente si fonde con la i di in, formando un'unica sillaba. Il verso risulta in tal modo di 11 sillabe e non di 12.
"Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono…"
(Petrarca, Canzoniere, I, v.1)
"Dolce e chiara è la notte e senza vento…"
(G. Leopardi, La sera del dì di festa, v.1)
"…e tu non torni ancora al tuo paese!…"
(G. Pascoli, Lavandare, v.8).
"…e il naufragar m’è dolce in questo mare."
(G. Leopardi, L’infinito, v.15);
"…nel muto orto solingo…"
(G. Carducci, Pianto antico, v.5).
"Solo e pensoso i più deserti campi…"
(Petrarca, Canzoniere, XXXV, v.1) - si contano tredici sillabe; in realtà si tratta di un endecasillabo, perché contiene due sinalefi, "Solo-e" e "pensoso-i" - So-lo e- pen-so-so i- più- de-ser-ti- cam-pi.
"…di gente in gente, me vedrai seduto…"
(U. Foscolo, In morte del fratello Giovanni, v.2) - la e di gente si fonde con la i di in, formando un'unica sillaba. Il verso risulta in tal modo di 11 sillabe e non di 12.
"Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono…"
(Petrarca, Canzoniere, I, v.1)
"Dolce e chiara è la notte e senza vento…"
(G. Leopardi, La sera del dì di festa, v.1)
"…e tu non torni ancora al tuo paese!…"
(G. Pascoli, Lavandare, v.8).
"…e il naufragar m’è dolce in questo mare."
(G. Leopardi, L’infinito, v.15);
"…nel muto orto solingo…"
(G. Carducci, Pianto antico, v.5).
- Dialefe: consiste nel tenere distinte, nel computo delle sillabe, due
vocali, di cui una alla fine di una parola e una all’inizio della
successiva (la dialefe è dunque il contrario della sinalefe). Si applica
spesso in presenza di monosillabi o di sillabe fortemente accentate.
Esempi:
"…tant’era pien di sonno a quel punto…"
(Dante, Inferno, Canto I)
"…O Alberto tedesco ch'abbandoni…"
(Dante, Purgatorio, Canto VI)
"…tant’era pien di sonno a quel punto…"
(Dante, Inferno, Canto I)
"…O Alberto tedesco ch'abbandoni…"
(Dante, Purgatorio, Canto VI)
la o iniziale non si unisce con la a di Alberto e
si ottiene dunque il computo di 11 sillabe metriche.
"…E tu che se' costì, anima viva…"
(Dante, Inferno, Canto III, v.88)
la ì di costì non si unisce con la a di anima e si ottiene dunque il computo di 11 sillabe metriche.
"…vedi colà un angel che si appresta…"
(Dante, Purgatorio, Canto XII)
"…E tu che se' costì, anima viva…"
(Dante, Inferno, Canto III, v.88)
la ì di costì non si unisce con la a di anima e si ottiene dunque il computo di 11 sillabe metriche.
"…vedi colà un angel che si appresta…"
(Dante, Purgatorio, Canto XII)
- Dieresi: consente di dividere in
due sillabe due vocali che normalmente ne costituiscono una sola, cioè due
vocali che normalmente costituiscono dittongo formano invece uno iato. La
dieresi si indica graficamente ponendo due puntini posti sopra la vocale
più debole.
Esempi:
"…Dolce color d’orï/ental zaffiro…"
(Dante, Purgatorio, I, v.13)
"…orïental…" va letto come se fosse scandito in quattro sillabe ("o-ri-en-tal"), il verso è dunque un endecasillabo: Dol-ce- co-lor- d’o-rï-en-tal- zaf-fi-ro.
"…A te convien tenere altro vï/aggio…"
(Dante, Inferno, Canto I)
"…lui folgorante in solï/o…"
(A. Manzoni, Cinque maggio, v.13.)
"…e arriso pur di visï/on leggiadre…"
(G. Carducci, Funere mersit acerbo, v.10 .)
"…con ozï/ose e tremule risate…"
(G. Pascoli,I puffini dell’Adriatico, v. 6.)
"…Dolce color d’orï/ental zaffiro…"
(Dante, Purgatorio, I, v.13)
"…orïental…" va letto come se fosse scandito in quattro sillabe ("o-ri-en-tal"), il verso è dunque un endecasillabo: Dol-ce- co-lor- d’o-rï-en-tal- zaf-fi-ro.
"…A te convien tenere altro vï/aggio…"
(Dante, Inferno, Canto I)
"…lui folgorante in solï/o…"
(A. Manzoni, Cinque maggio, v.13.)
"…e arriso pur di visï/on leggiadre…"
(G. Carducci, Funere mersit acerbo, v.10 .)
"…con ozï/ose e tremule risate…"
(G. Pascoli,I puffini dell’Adriatico, v. 6.)
- Sineresi:fenomeno opposto alla dieresi, è un artificio della lingua poetica
che consiste nell’ unione in un’unica sillaba di due vocali che
normalmente costituiscono due sillabe.
Esempi:
"…morte bella parea nel suo bel viso…"
(Petrarca, Canzoniere,Trionfo della morte, v.172)
la sineresi interviene due volte (parea, suo).
"…Lo ciel perdei, che per non aver fé…"
(Dante Alighieri, Purgatorio, VII, v.8)
"…morte bella parea nel suo bel viso…"
(Petrarca, Canzoniere,Trionfo della morte, v.172)
la sineresi interviene due volte (parea, suo).
"…Lo ciel perdei, che per non aver fé…"
(Dante Alighieri, Purgatorio, VII, v.8)
"…e fuggiano, e pareano un corteo nero…"
(G. Carducci, Davanti San Guido, v.75)
"…ed erra l'armonia per questa valle…"
(G. Leopardi, Il passero solitario, v.4)
"…su la tua pietra o fratello mio, gemendo…"
(U. Foscolo, In morte del fratello Giovanni, v.3) -
(G. Carducci, Davanti San Guido, v.75)
"…ed erra l'armonia per questa valle…"
(G. Leopardi, Il passero solitario, v.4)
"…su la tua pietra o fratello mio, gemendo…"
(U. Foscolo, In morte del fratello Giovanni, v.3) -
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