martedì 31 gennaio 2017

Leopardi- Il passero solitario-

Appunti

Il Passero solitario fu composto probabilmente a partire dal 1831. La sua struttura metrica è quella della canzone libera in endecasillabi e settenari alternati. In questo componimento il poeta opera un parallelo tra la sua solitudine ed esclusione esistenziale e quella di un passero, che in primavera canta solitario. Centrale è anche un motivo tipico della produzione leopardiana, ovvero il rimpianto di non godere della gioventù che fugge.
Contenuto
Nella prima strofa della lirica (vv. 1-16) Leopardi descrive un paesaggio primaverile vago e armonioso. Da questo quadro felice, in cui tutti gli esseri viventi condividono la gioia per il ritorno della primavera,emerge il contrasto con il passero solitario, che "pensoso in disparte il tutto mira" (v. 12; da notare la scelta dell’aggettivo “pensoso”, più adatto a un essere umano, quale il poeta, che non a un volatile) e non partecipa a questa atmosfera di felicità e rinnovamento, ma canta "finché non more il giorno" (v.3).
Dai vv. 17-44 si realizza il parallelo tra la vita solitaria del passero, voluta e cercata per disposizione naturale, e quella del poeta, che, come l'uccello, osserva in disparte la vita, che si rinnova gioiosa in primavera, metafora abbastanza esplicita della giovinezza. Questo innaturale senso di isolamento e il rifiuto di godere delle gioie dell'età giovanile non sono del tutto comprensibili a Leopardi (v. 22: "io non so come”) e diventano il suo personale destino, proprio nel momento in cui il poeta si mette a confronto con gli altri giovani che si preparano a festeggiare l'arrivo della primavera (vv. 32-33: "La gioventù del loco | Lascia le case, e per le vie si spande; | E mira ed è mirata, e in cor s'allegra"). Il  sole che tramonta e "par che dica | che la beata gioventù vien meno" (vv. 43-44) porta Leopardi ad affrontare la realtà: in futuro rimpiangerà il mancato godimento della giovinezza, perché "Ogni diletto e gioco | indugio in altro tempo" (vv. 38-39).
L'ultima strofa (vv.45-59) è incentrata ancora sul confronto tra il passero e l'autore: l'uccello, per sua natura, poiché vive secondo l'istinto, non rimpiangerà il suo modo di vivere (vv. 46-49: "Del viver che daranno a te le stelle, | certo del tuo costume | non ti dorrai, che di natura è frutto | ogni vostra vaghezza"), mentre il poeta, se giungerà alla dura età matura, sconsolato si volgerà indietro e si pentirà del passato. 
Principali figure retoriche
·                  Metafore: “more il giorno” (v. 3); “di tua vita il più bel fiore” (v. 16); “a sera / del viver” (vv. 45-46); “di vecchiezza / la detestata soglia” (vv. 50-51);

·                        Metonimia: “la gioventù del loco” (v. 33) (= i giovani)

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