E
tu, Patroclo, ormai privo di forze, gli rispondesti: «Adesso ti puoi vantare,
Ettore, ma solo perché ti hanno dato la vittoria Zeus, figlio di Crono, e
Apollo: sono loro che mi hanno sconfitto con tanta facilità, loro che mi hanno
tolto le armi dalle spalle. Se mi avessero affrontato venti uomini come te,
sarebbero morti tutti, uccisi dalla mia lancia; ma mi hanno ucciso il destino
di morte e Apollo, figlio di Leto, e tra gli uomini [mi ha ucciso] Euforbo; tu
arrivi per terzo, e vieni soltanto a prenderti le mie armi. E ricorda quanto
sto per dirti: neanche tu vivrai molto, perché ti sono già vicini la morte e il
destino feroce [di essere ucciso] dal fortissimo Achille, discendente di Eaco».
Mentre diceva queste parole morì, l’anima lasciò il corpo e volò nell’aldilà,
rimpiangendo il suo destino sfortunato: morire nel pieno della forza e della
giovinezza. E a Patroclo, che era già morto, disse lo splendido Ettore:
«Patroclo, perché prevedi per me la morte? Chissà se invece non sarà Achille,
il figlio di Teti dai bei capelli, a morire per primo, ucciso dalla mia
lancia?» Mentre diceva queste parole, estrasse dalla ferita la lancia di
bronzo, premendo col piede per staccarla dal corpo disteso [di Patroclo].
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